Alcune
canzoni, più di altre, sembrano contenere elementi capaci di
esemplificare questo concetto, come la canzone “Argento vivo” di
Daniele Silvestri, che rappresenta un vero e proprio miracolo.
Riesce
ad essere contemporaneamente densa e sfuggente, magmatica ed
evanescente.
Molto
di questo effetto è dovuto dai diversi elementi: dalle parole quasi
accarezzate da Daniele Silvestri, agli elementi percussivi ed
elettronici presenti nella struttura del brano, che contribuiscono a
delinearne una vera e propria punteggiatura.
Il
testo contiene diversi elementi che possono farci immaginare come un
adulto vede un giovane, di come rischi di rapportarsi in maniera
errata. Di come , dall'alto delle sue convinzioni, l'adulto creda di
poter comprendere o addirittura approssimarsi al giovane.
“Dall'alto
delle mie idee (o addirittura ideali), credevo di poter essere forte
– ha dichiarato in sala stampa all'Ariston lo stesso Silvestri –
ma il rapporto con i miei figli mi ha insegnato che non è così”.
Un
rovesciamento totale degli schemi di qualche decennio fa, quando si
pensava che i problemi adolescenziali fossero “colpe” di genitori
totalmente o parzialmente anaffettivi.
Qui
tutto si capovolge e l'amore eccessivo può diventare quasi una
prigione.
Il
genitore lo fa, a scanso di ogni equivoco, senza presunzione ma
nell'assoluta convinzione di aver dato tutto sé stesso e di agire in
buona fede.
Invece,
nel magma sfuggente della sua canzone, Silvestri ci fa notare che il
ragazzo della canzone si sente in una “...prigione [che] corregge e
prepara ad una vita che non esiste da almeno vent'anni”
L'unica
cosa che fa stare meglio il giovane è quando tiene “... la musica
al massimo e volo, che con la musica al massimo rimango solo […]
Avete preso un bambino che non stava mai fermo, l'avete messo da solo
davanti a uno schermo e adesso vi domandate se sia normale se il
solo mondo che apprezzo è un mondo virtuale”
Ed
è in virtù di questa sofferenza che il giovane ha una ribellione,
psicologicamente sana, anche se non è dato di sapere più di tanto
se porterà ad una crescita o, alla fine, prevarrà quel senso di
sconfitta che la canzone racconta apparentemente con poca speranza.
Si
oscilla continuamente tra la ricerca e il rifiuto, provando
sentimenti che, in “L'amore è una dittatura” gli Zen Circus
hanno così raccontato: “...speri ancora che qualcuno sia là fuori
ad aspettarti[…] per urlarti in faccia, che sei l'unica, sei il
solo”.
Un
dialogo, quello fra giovani e adulti, che in fin dei conti è davvero
difficile da maneggiare, perché non appena sembra essere approdato
da qualche parte, viene immediatamente smarrito.
Una
risposta, ovviamente all'interno di un dialogo puramente virtuale,
sembrerebbe darla Simone Cristicchi che ci invita a vivere e ad
innamorarci della realtà di ogni giorno “perché tutto è un
miracolo, tutto quello che vedi e non esiste un altro giorni che sia
uguale a ieri. Tu allora vivilo adesso come se fosse l'ultimo e dai
valore ad ogni singolo attimo.”
Che
sia questo il segreto dell'armonia, della “Musica che resta”, o
dell'amore raccontato con “parole nuove”?
Roberto Palumbo